La scuola digitale sogna Minecraft e la realtà virtuale
Il coding non si tocca, ma quello che i protagonisti della tecnologia sperano di portare nelle classi è la realtà virtuale. La scuola digitale in Italia ha ancora bisogno di una spinta propulsiva che trasformi la sperimentazione in un’ottica di sistema, ma l’ottimismo non manca. Quello dei docenti più curiosi e soprattutto quello del comparto education dell’industria, che ha affollato i padiglioni di Didacta Italia, la fiera dedicata a scuola e formazione a Firenze.
“Quello che qui viene visto come avvenire, altrove è già passato. Ciò che vedremo nel futuro avrà a che fare con Google – cioè Chromebook – e la realtà aumentata, sia di Windows che di The Big G” risponde Guido Terni, Education Manager di Lenovo Italia, alla richiesta di illustrare lo stato dell’arte della scuola digitale. Al momento, spiega, nello Stivale la realtà aumentata viene utilizzata a scopi didattici al Liceo Steam di Rovereto, ma in generale è una tecnologia sulla quale si registrano ancora perplessità, per la difficoltà di attribuire una matrice didattica a quello che sembra solo un gioco.
Non a tutti. Dal workshop dedicato a Minecraft escono due docenti di un istituto comprensivo romano. Una di loro, Maria Di Seri, racconta che gli allievi delle seconde elementari hanno creato un mondo attraverso il videogioco per poi inserirlo in un cartone animato. I vantaggi a livello pedagogico sono notevoli e anzi, racconta la docente, sarebbe bello riuscire ad ottenere dati dai sistemi informatici che si utilizzano in classe: “Per noi sarebbe importante riuscire a estrapolare i dati che riguardano le scelte degli alunni, per capire secondo che logica si muovono e in base a quello comprendere dove esistono criticità e percorsi di approfondimento ed eccellenza”.
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Di estrazione di dati a tali scopi si potrebbe parlare, sempre tenendo conto del rispetto della privacy, nell’ambito delle piattaforme gestionali.
Software per la gestione della classe
Lenovo presenta il suo LanSchool V8.0, che consente di migliorare la collaborazione tra studenti e docenti e monitorare in tempo reale i progressi degli alunni. Attualmente in uso in oltre 12 milioni di dispositivi nel mondo, ha diverse funzioni. L’anno scorso è stato sponsor IT per la campagna della Polizia Postale “Una vita da social”, grazie alla sua capacità di tener traccia di tutte le sequenze di tasti per identificare parole di cyberbullismo. Il professore riceve un alert per capire se è il caso o meno di intervenire (si pensi a casi di parole di valenza diversa a seconda del contesto).
Acer contrappone il suo Acer Classroom Manager che promette agli insegnanti di “istruire centralmente gli studenti sui loro computer“, “tenere traccia dei dettagli delle lezioni, che possono essere salvati e registrati“, “massimizzare l’uso del tempo attraverso il facile accesso ai contenuti“, “monitorare gli studenti e aiutare a concentrarsi“.
Realtà virtuale
Uno sguardo al panorama VR pensato per la formazione: Virtours è una piattaforma software pensata per la realizzazione e fruizione di tour virtuali, con la possibilità di visualizzare i contenuti sia attraverso un visore che via web in modalità 360°. È Samsung in questo caso a proporre diversi pacchetti: quello di creazione di realtà virtuale comprende un Galaxy tablet tab a 10.1 Wifi, Samsung Gear 360 e la piattaforma Virtours.
Per amplificare l’esperienza di apprendimento, Acer mette sul piatto Windows Mixed Reality Solution. Basato sulla piattaforma MR di Windows, l’headset di Acer si fonda sul monitoraggio Inside-Out. Essendo le telecamere integrate, non necessitano di sensori esterni e quindi non c’è bisogno di allestire una camera speciale per utilizzare l’apparecchio.
Lenovo, in collaborazione di Microsoft, mostra il visore
Lenovo Explorer Mixed Reality. Tornando al videogioco, l’azienda dedica spazio anche a “Minecraft: education edition”, che consente di conoscere ed esplorare nuovi mondi in un ambiente immersivo, aiutando gli studenti ad acquisire competenze digitali e a sviluppare creatività, collaborazione e problem-solving.
Senza fili è invece il visore autonomo Lenovo Mirage Solo, tutto grazie a Google: basato su WorldSense, garantisce l’accesso a oltre 250 applicazioni Daydream, dalla storia alla geografia fino alle scienze (la perlustrazione al fianco dei koala è oggettivamente notevole).
Robotica, app e strumenti
La programmazione piace a tutti: studenti, aziende che organizzano eventi dedicati e anche docenti. Ci sono sistemi per iniziare a fare coding in giovanissima età come Cubetto, rivolto ai bimbi che non sanno ancora leggere e scrivere. Si tratta di un robot di legno che si programma senza bisogno di schermi.
CampuStore, nel mercato dell’innovazione per la formazione dal 1994, presenta tra le sue novità per la didattica anche le stampanti 3D alimentari e la CampuSprint 3D 3.0, con un sensore che rileva l’apertura della porta e mette in pausa la stampa, per rappresentare un’alternativa sicura.
Chi opera nel settore mostra cataloghi alti quanto la Treccani, con i produttori che fanno a gara a chi sbatte per primo a terra le versioni rugged dei laptop, quelli costruiti espressamente per resistere in ambienti complessi (e dunque anche alle eventuali cadute in classe). “Il nostro principale concorrente? Apple, perché è l’unico che ha una visione. Ad oggi Lenovo ha circa il 32% di share del mercato education – prosegue Terni – Quando arriverà Chromebook inizieremo a dargli fastidio, perché a quel punto si scontreranno due mondi. Tutto nel Cloud sì, ma alla metà del costo”.
Scuola digitale significa anche soluzioni digitali per problemi che riguardano i protagonisti della scuola, quindi anche le famiglie: Camillo è una web app, per ora in sperimentazione in due istituti (uno a Montelupo Fiorentino, l’altro a Grosseto) che nasce per combattere il fenomeno dell’involontario abbandono dei bambini, registrando l’ingresso del figlio all’asilo. In caso di mancata registrazione, un avviso apparirà sul telefono dei genitori e di persone vicine.
La scuola del futuro
Gli strumenti ci sono. Di idee, a bizzeffe. Cosa manca dunque alla scuola digitale? “I docenti si chiedono se possono cambiare il modo di fare didattica: noi dobbiamo cogliere questo interrogativo e non deluderli, anche nelle modalità di erogazione. La modalità corso non funziona più” risponde Salvatore Giuliano, sottosegretario per l’Istruzione, l’università e la ricerca, incontrato da Wired a margine della fiera. Lui, che arriva dall’IISS Majorana di Brindisi, una delle eccellenze anche in campo dell’innovazione, crede più nella formazione che negli strumenti. “Bisogna fare innovazione con cognizione di causa. Non puoi risolvere la faccenda dando i dispositivi agli alunni. E poi, che ci fai col dispositivo? Ha senso di parlare di scuola 2.0, 4.0, etc, se la pedagogia è rimasta allo 0.0? Io ti do un tablet per dirti “aprilo a pagina 25?, ma stiamo scherzando?”. La scuola in Italia, sostiene, è migliore di quanto si racconti, ma bisogna fare di più e meglio – questo tra i compiti del ministero – per far conoscere le buone pratiche al sistema stesso. Formare gli alunni a un uso didattico dei dispositivi che conoscono: “Dobbiamo partire dal presupposto che i nostri ragazzi apprendono in maniera diversa rispetto ai loro quasi coetanei di tre anni più grandi. E noi siamo in un modello trasmissivo del sapere nato all’incirca nel 1850. Questo non può più funzionare“.
Tra le cose da fare, non trattare i docenti illuminati come alieni, spesso “costretti a innovare di nascosto perché operanti in un ambiente ostile”.
È anche per questo che l’industria va sul campo, commenta Terni di Lenovo: “Per far vedere quello che si può fare con questi strumenti proprio per dare la possibilità di toccare con mano. Occasioni come Didacta servono anche a questo e sono sicuro che tutti i prof avranno meno paura a parlarne con i propri dirigenti”.